Il Tribunale di Bergamo si pone nell'alveo della giurisprudenza di legittimità nell'escludere che l'individuazione di un elemento essenziale del contratto di costituzione di servitù possa avvenire ricorrendo a dati esterni ed estranei al tenore letterale della scrittura.

Secondo il Giudice del Tribunale di Bergamo “l'omessa individuazione dei fondi non può peraltro essere superata in via di interpretazione del contratto ... atteso che l'asservimento di un fondo per la specifica utilità di un altro fondo costituisce l'elemento caratterizzante il diritto reale di servitù che, in quanto tale,deve essere specificamente previsto dai contraenti”.

Continua il Giudice orobico affermando che “nei contratti per i quali è prevista la forma scritta “ad substantiam” la ricerca della comune intenzione delle parti, utilizzabile ove il senso letterale delle parole presenti un margine di equivocità, deve essere compiuta, con riferimento agli elementi essenziali del contratto, solo attingendo alle manifestazioni di volontà contenute nel testo scritto”.

La decisione (sentenza n. 1607/08) appare in tutto e per tutto condivisibile; costituisce ius receptum in giurisprudenza che nell’ipotesi di contratti per i quali sia richiesta la forma scritta per l'esistenza stessa dell'atto (come nel caso di costituzione di un diritto reale di servitù di passaggio) la ricerca della comune volontà delle parti debba essere eseguita attraverso il criterio letterale delle parole e ciò in base ad elementi risultanti dall’atto stesso e non aliunde (App. Genova 15 novembre 2007 che richiama Cass. n. 6124/99, Cass. n. 3823/85 e Cass. n. 4309/86).

Ed ancora, pacifico è il principio per cui la ricerca della comune intenzione della parti, utilizzabile ove il senso letterale delle parole presenti un margine di equivocità, deve essere compiuta, con riferimento agli elementi essenziali del contratto, soltanto attingendo alle manifestazioni di volontà espressa, contenute nel testo scritto; non è consentito, ai fini dell'individuazione dell'oggetto del contratto, valutare il comportamento complessivo delle parti, anche successivo alla stipulazione del contratto.

Ciò in quanto il comportamento dei contraenti non può spiegare rilevanza nella formazione del consenso ove non sia stata incorporata nel documento scritto (recentissimamente Cass. n. 5112/18, citata anche dalla sentenza in commento e, nello stesso senso, Cass. n. 14444/06 e 2216/04).

Insomma, quando un negozio debba redigersi, a pena di nullità, per iscritto, il consenso su tutti gli elementi essenziali (tra i quali vi è ovviamente l’individuazione dell’oggetto) deve quindi risultare dall’atto scritto, così che la sua determinazione o determinabilità non può desumersi aliunde, ma solamente dagli elementi stabiliti dagli stipulanti nell’atto medesimo (Cass. 6214/99).

Per dirlo con altre parole, nel contratto volto alla costituzione di servitù il contenuto e le modalità di esercizio del preteso diritto, occorre riferirsi in via esclusiva al titolo negoziale (Cass. 5228/83); ed è questo un principio che chi scrive ritiene valga per individuazione dell'oggetto di qualsiasi contratto per il quale sia prevista la forma scritta ad substantiam, così come per la sua interpretazione.


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