Le sentenze di separazione personale dei coniugi o di divorzio contengono spesso, tra gli altri, provvedimenti a contenuto patrimoniale; si tratta di obbligazioni future a carattere periodico, consistenti nell'obbligo di corresponsione di un assegno di mantenimento o divorzile, a carico di uno dei coniugi a favore dell'altro coniuge o a favore dei figli. La violazione di tale obbligo può trovare tutela sia attraverso le disposizioni generali in materia di esecuzione forzata, ma anche attraverso i rimedi specifici dettati dall'art. 156, comma VI, cod. civ. in caso di separazione, e dall'art. 8 L. n. 898/1970 e successi modifiche, in caso di divorzio.

Scopo di tali specifici rimedi è quello di garantire al coniuge avente diritto la tempestiva disponibilità delle somme necessarie al proprio mantenimento o a quello dei figli, evitando l'onere di dover promuovere reiterate procedure esecutive (pignoramento mobiliare, immobiliare o presso terzi), di solito maggiormente dispendiose. Trattasi dell'ordine di pagamento diretto al terzo; del sequestro dei beni del coniuge obbligato e del ritiro del passaporto.

L'ordine di pagamento rivolto al terzo.

Quanto al primo dei rimedi, in sede di separazione l'art. 156, comma VI, cod. civ. prevede che in caso di inadempienza del coniuge gravato, l'avente diritto all'assegno di mantenimento possa proporre istanza al Giudice affinché ordini ai soggetti terzi, tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro all'obbligato, che una parte di tali somme venga versata direttamente agli aventi diritto.

Quanto al concetto di “inadempienza” la norma è stata oggetto di diversi interventi giurisprudenziali, volti ad ampliarne l'operatività. Emblematica sul punto è la sentenza della Suprema Corte n. 23668 del 6 novembre 2006, la quale ha sancito che anche la non tempestività e la parzialità nell'adempimento sono motivi di per sé sufficienti a far dubitare della regolarità dell'obbligato per il futuro, consentendo anche in tali casi l'accesso a questa forma di tutela.

La giurisprudenza di merito e di legittimità propendono pertanto per un'interpretazione estensiva del concetto di inadempienza, considerando tale anche l'adempimento “inesatto”, “tardivo”; addirittura alcune pronunce ritengono inadempienza, tale da giustificare l'ordine di pagamento in favore del terzo, anche il mancato pagamento “isolato”. Ciò al fine di rendere efficace e tempestiva la tutela del coniuge bisognoso oltre che, s'intende, della prole.

Al prudente apprezzamento del Giudice è affidata la concessione della misura coercitiva in esame; il Giudicante valuterà in quale misura il comportamento del soggetto obbligato è tale a frustrare la finalità dell'assegno di mantenimento.

Quanto all'oggetto dell'ordine coercitivo da rivolgere al terzo, la norma parla di “parte della somme che il terzo sia tenuto a corrispondere anche periodicamente all'obbligato”; si tratta di un limite voluto verorsimilmente dal Legislatore al fine di evitare che il coniuge obbligato venga interamente privato dei mezzi per il proprio sostentamento.

L'istanza andrà rivolta al Giudice della separazione se non sono maturate preclusioni processuali e se sono già emersi profili di inadempienza o di ingiustificato ritardo, ed anche nel corso dell'eventuale giudizio di secondo grado.

Il provvedimento, se ottenuto, andrà notificato al terzo debitore dell'obbligato (si pensi al datore di lavoro), che da quel momento sarà tenuto al pagamento in favore del coniuge avente diritto.

Va sottolineato che il provvedimento è immediatamente esecutivo.

Per quanto concerne il divorzio, l'art. 8 della L.898/1970 prevede un analogo ordine di versamento diretto rivolto al terzo. Diversamente da quanto previsto dall'art. 156, VI comma, del codice civile, che prevede una specifica istanza al Giudice, in sede di divorzio è addirittura possibile notificare direttamente al terzo il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno, previo adempimento delle formalità previste dall'art. 8. Vediamo quali sono.

Innanzitutto il coniuge cui spetta la corresponsione dell'assegno va messo in mora a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento; se l'inadempienza perdura per almeno trenta giorni, il beneficiario dovrà notificare il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro all'obbligato, con espresso invito a versare direttamente le somme dovute, dando comunicazione di ciò al coniuge inadempiente.

Qualora il terzo non dovesse adempiere, il coniuge creditore ha la facoltà di agire in via esecutiva nei suoi confronti per il pagamento delle somme dovute quale assegno di mantenimento.

Il sequestro dei beni.

Un altro strumento previsto dalla legge, in sede di separazione, per il caso di inadempienza del coniuge nel versamento dell'assegno di mantenimento è il sequestro dei beni dell'obbligato. La Corte Costituzionale con sentenza n. 99 del 1997 ha sancito che la misura in esame può essere disposta anche in favore dei figli nati fuori dal matrimonio; tale principio è stato recepito dalla legge 10 dicembre 2012 n. 219.

Presupposti per accedere a tale rimedio sono la sussistenza di un credito già giudizialmente determinato (anche solo in via provvisoria) e, appunto, l'inadempienza.
Il sequestro dei beni del coniuge o del genitore inadempiente non ha natura cautelare bensì conservativa e, pertanto, prescinde dalla sussistenza del periculum in mora; è misura che ha la funzione di garantire l'adempimento degli obblighi patrimoniali stabiliti dal Tribunale e di non vanificare le finalità dell'assegno di mantenimento, rendendo efficace e tempestiva la tutela del coniuge più debole e della prole.

Il Giudice dovrà valutare, per la concessione del sequestro dei beni, l'inadempienza dell'obbligato, mentre non sono richiesti ulteriori requisiti, quali la gravità, la persistenza dell'inadempimento o il pericolo che vengano sottratti i beni oggetto del richiesto sequestro; allo stesso modo non rileva l'eventuale possibilità per la ricorrente di acquisire altra garanzia.

Va detto che tale provvedimento può essere adottato anche dal Giudice istruttore nel corso del giudizio di separazione.

Attesa la sua natura non cautelare, il provvedimento di sequestro non è reclamabile ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., essendo piuttosto revocabile in caso di sopravvenienza di giustificati motivi, oggetto di valutazione discrezionale del Giudice ed essendo passibile di impugnazione in Corte d'Appello; non è invece possibile il ricorso straordinario in Cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, non trattandosi di provvedimento decisiorio e, tanto meno, definitivo.

Sempre in tema di sequestro, in sede di divorzio la normativa di riferimento è l'art. 8, ultimo comma, della legge 898/1970.

Mentre l'art. 156, VI comma, cod. civ. chiede quale presupposto l'inadempienza, in sede di divorzio, per accedere al sequestro è sufficiente il semplice pericolo di pregiudizio alle ragioni del creditore.

Ed ancora, il sequestro stabilito in sede di separazione (essendo volto a garantire l'adempimento degli obblighi relativi la separazione stessa) viene meno qualora sopraggiunga il divorzio, mentre il sequestro in sede di divorzio è destinato a protrarsi a tempo indeterminato, e comunque sino al perdurare dell'obbligo al versamento dell'assegno e fatta salva la revisione prevista dal successivo art. 9 della legge sul divorzio.

Un'altra differenza attiene il limite dei bene soggetti a sequestro: se l'art. 156, VI comma, cod. civ. prevede la sequestrabilità di una “parte dei beni” (salve le diverse interpretazioni, tese ad aumentare la portata di tale rimedio), l'art. 8 non pone limitazioni di sorta, ad eccezione di quello della metà se sottoposti a sequestro sono stipendi, salari o pensioni.

Il ritiro del passaporto.

Un accenno va fatto infine alla misura del ritiro del passaporto, che trova applicazione nel caso in cui l'inadempienza concerna il versamento dell'assegno per il mantenimento dei figli minori. In tali casi è possibile, con ricorso al Giudice Tutelare, chiedere che venga disposto il ritiro del passaporto del coniuge onerato dal versamento dell'assegno. E' peraltro misura poco utilizzata, in quanto non garantisce la tempestiva disponibilità delle somme; costituisce piuttosto di una forma di pressione nei confronti del coniuge inadempiente.

In definitiva, il coniuge – separato o divorziato che sia – che goda di un assegno per il contributo al mantenimento per sé o per i figli ha a disposizione più di uno strumento per indurre al pagamento il coniuge onerato, strumenti che andranno calibrati in considerazione della situazione concreta, dell'esistenza di redditi in capo all'onerato e del suo patrimonio personale


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