Di Dimitri Colombi

Molti sono i temi che il diritto ci propone in questo particolarissimo periodo. Molti, infatti, sono i problemi di ordine economico e sociale che si presentano e, per conseguenza, svariati gli argomenti che l’ordinamento giuridico si trova ad affrontare. Uno di questi, di sicuro interesse generale (nonché di certa curiosità), riguarda una norma che il decreto legge 17 marzo 2020 n. 18, ha introdotto in materia di certificazioni e relativa, loro, validità.

Si tratta dell’articolo 103 del predetto decreto legge, il cui secondo comma così recita: “Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, conservano la loro validità fino al 15 giugno 2020”.

Il senso è quello di prorogare il termine di scadenza dei menzionati atti tenuto conto della limitata facoltà di circolazione imposta in questo inizio di primavera e così rimarcando la necessità di non recarsi gli uffici pubblici, laddove possibile.

In buona sostanza, tanto per fare un esempio, un certificato di residenza scadente il giorno 14 aprile non dovrà essere richiesto nuovamente all’anagrafe purché venga utilizzato entro il 15 giugno 2020.

Il tema che ci impegna in questa breve e, mi auguro, gradevole digressione, è il seguente: il certificato che attesta la corretta taratura degli apparecchi elettronici di rilevazione della velocità rientra nella citata previsione? Vale a dire, un certificato di taratura - il cui termine di scadenza ricade nell’intervallo temporale 31 gennaio/15 aprile 2020 - deve considerarsi prorogato al 15 giugno 2020 e, quindi, può continuare a funzionare accertando le violazioni attinenti il superamento della massima velocità imposta dall’ente proprietario della strada anche dopo la sua naturale scadenza?

La risposta a questa domanda fornirà, con tutta evidenza, una soluzione anche in ordine alla validità degli accertamenti compiuti dagli operatori della polizia della strada.

Certo, quel che non si è ancora scritto è se siano previste delle tarature obbligatorie per gli strumenti di accertamento della velocità che, si badi, non vanno confuse con l’omologazione dello strumento stesso.

Ebbene, sino al 2015 (quindi pochi anni or sono) l’unico vero incombente che gravava sulle forze dell’ordine che impiegavano i c.d. radar era quello di utilizzare un’apparecchiatura omologata, cioè previamente “approvata” dal competente Ministero siccome ritenuta idonea ed affidabile. Sia chiaro, però, che l’omologazione si riferisce ad un determinato modello di strumento elettronico, non a tutti gli apparecchi di quel particolare modello di volta in volta costruiti.

Sicché, garantito l’uso di un “radar” omologato e verificato il suo buon funzionamento prima dell’inizio del servizio (non si è mai compreso bene come e in quale modo, ma tant’è), i conseguenti accertamenti erano ritenuti validi.

Quanti di noi rammenteranno la famosa dicitura riportata nei verbali del seguente tenore “si dà atto del regolare funzionamento dell’apparecchiatura verificato dagli operanti prima dell’inizio del servizio”?

Il problema che si poneva, tuttavia, è se l’affidabilità derivante dall’omologazione potesse permanere per l’intera vita d’utilizzo dell’apparecchiatura che, con tutta evidenza, tanto più “invecchiava”, tanto più rischiava di compiere accertamenti inesatti (si pensi, per esempio, alla pregiudicata precisione in caso d’urto dello strumento).

Eppure, sino al 2015 era così, poiché i giudici delle opposizioni, di volta in volta interessati dai ricorsi, non ritenevano di prestare un vero ascolto agli utenti della strada considerando non meritevoli di accoglimento le manifestate preoccupazioni dei ricorrenti.

La svolta è intervenuta con la sentenza della Corte Costituzionale 29 aprile/18 giugno 2015, n. 113 (Gazz. Uff. 24 giugno 2015, n. 25 – Prima serie speciale), per mezzo della quale la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 45, comma 6° del codice della strada, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.

Tre i passaggi argomentativi di tale decisione che meritano di essere ricordati: a) “...appare evidente che qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, variazioni della tensione di alimentazione. Si tratta di una tendenza disfunzionale naturale direttamente proporzionata all'elemento temporale. L'esonero da verifiche periodiche, o successive ad eventi di manutenzione, appare per i suddetti motivi intrinsecamente irragionevole.”; b) “I fenomeni di obsolescenza e deterioramento possono pregiudicare non solo l'affidabilità delle apparecchiature, ma anche la fede pubblica che si ripone in un settore di significativa rilevanza sociale, quale quello della sicurezza stradale.”; c) “Il ragionevole affidamento che deriva dalla custodia e dalla permanenza della funzionalità delle apparecchiature, garantita quest'ultima da verifiche periodiche conformi alle relative specifiche tecniche, degrada tuttavia in assoluta incertezza quando queste ultime non vengono effettuate.”.

In seguito, anche la Corte di Cassazione si è adeguata.

Interessante è menzionare un unico passaggio di una decisione relativamente recente (Cass. civ., sez. VI-2, ordinanza 13/12/2018, n. 32369) che così dichiara: “Questa Corte spiega che, per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 45, comma 6 (Corte cost. 18.6.2015, n. 113), tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro corretto funzionamento, non essendone consentita la dimostrazione od attestazione con altri mezzi quali le certificazioni di omologazione e conformità (conforme, tra l’altro, a Cass. civ. sez. II, 11/5/2016, n. 9645)”.

Se, quindi, la sensibilità della giurisprudenza costituzionale prima e di legittimità poi, si è orientata per imporre la taratura quale unica ed efficace modalità (a scadenza, però) idonea ad assicurare il corretto funzionamento dell’apparecchiatura di riferimento, ciò significa che nell’interesse del regolare e buon andamento dell’azione amministrativa, l’unica garanzia accettabile è l’esecuzione effettiva della taratura e la sua ripetizione a cadenza annuale (tale è, difatti, l’odierno periodo di validità della taratura).

Veniamo, dunque, all’interrogativo iniziale di questa riflessione: un certificato di taratura - il cui termine di scadenza ricade nell’intervallo temporale 31 gennaio/15 aprile 2020 - deve considerarsi prorogato al 15 giugno 2020 e, quindi, l’apparecchiatura può continuare a funzionare accertando le violazioni attinenti il superamento della massima velocità anche dopo la sua naturale scadenza, cioè senza esecuzione di una nuova taratura? E ciò in virtù del fatto che la taratura è attestata da quel certificato (il certificato di taratura, appunto, per come rilasciato da un ente accreditato che di anno in anno verifica lo strumento e, se necessario, lo ri-tara) la cui validità (leggi scadenza) è stato per legge prorogato al 15 giugno 2020?

A mio parere la risposta è negativa.

Se, difatti, ciò che la Corte Costituzionale prima (nel 2015, come si è visto) e il giudice ordinario poi (in particolare, la Corte di Cassazione) hanno affermato la necessità di sottoporre tali strumenti a periodiche verifiche (la taratura), ciò significa che si è inteso scongiurare accertamenti inesatti e carenti di precisione quale conseguenza certa e sicura dell’obsolescenza e del ripetuto uso dello strumento. E poco conta che l’intervenuta esecuzione della corretta taratura sia comprovata da un documento denominato “certificato” (tra l’altro ignorando in questa sede il tema relativo al se l’attestazione rilasciata dall’ente o società accreditata abbia davvero la natura di un certificato/certificazione) posto che, come si è visto, è essenziale assicurarsi che l’apparecchiatura impiegata funzioni ancora bene a distanza di anno dalla precedente verifica.

Ciò che intendo affermare può essere riassunto nei seguenti seguenti scenari: 1) l’articolo 103, comma 2° in esame a mio parere non si riferisce ai certificati di taratura dei rilevatori elettronici della velocità poiché la disposizione non è compatibile con quanto affermato prima di tutto dalla Corte Costituzionale; 2) se così non fosse potrebbe anche porsi la necessità, per l’Amministrazione comunale, di procedere a singole prove di taratura e verifica in occasione di ogni opposizione formalizzate dagli utenti della strada sanzionati, ma con il rischio che il giudice non consenta di procedere in tal senso posto che è pacifico che l’atto di rilevazione della velocità è irripetibile. Quindi la prova del corretto funzionamento dovrebbe essere data e riferibile al momento dell’accertamento, circostanza che è, con tutta evidenza, impossibile; 3) tutti i verbali di accertamento della violazione di eccesso di velocità potrebbero financo esser nulli.

D’altra parte, è interessante osservare che anche in riferimento a tutti gli altri certificati (nell’esempio di cui sopra mi sono riferito al certificato di residenza, ma sarebbero numerosissimi i casi da riportare) il nuovo - quanto recente - decreto legge 8 aprile 2020 n. 14, al suo articolo 37 richiama il citato articolo 103 del precedente d.l. 18/2020 disponendo la proroga dei termini ivi indicati nei suoi commi 1 e 5, senza menzionare in alcun modo la già intervenuta proroga stabilita dal secondo comma per i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati (quindi se la scadenza di tali atti e documenti dovesse perfezionarsi dal 16 aprile, essi dovranno senza dubbio essere rifatti).

Dunque, quei certificati, attestati eccetera, che avevano goduto della proroga sino al 15 giugno 2020 con il decreto legge di marzo, sono stati esclusi da ulteriori proroghe nel successivo decreto legge di aprile se scadenti dal 16 aprile.

Si può, quindi, sostenere che se il legislatore non ha inteso prorogare ulteriormente quei certificati che si riferiscono a situazioni modificabili, mutevoli nel tempo (la residenza si può variare, una visura, un’attestazione della pubblica amministrazione può riguardare fatti soggetti a cambiamenti, si pensi alle visure delle camere di commercio), a maggior ragione si può affermare che la taratura degli strumenti di accertamento della velocità, comprovata da un certificato, non ha mai fatto parte della previsione di proroga di cui all’articolo 103, comma 2°, del d.l. 18/2020.

In buona sostanza, la necessità di utilizzare strumenti precisi non si presta ad alcuna proroga e, pertanto, si può concludere per una ragionevole invalidità dei verbali di accertamento della violazione di eccesso di velocità, se comportanti violazioni verificate con strumenti dalla taratura scaduta per decorso annuale e, ciò, anche se tale scadenza si fosse verificata nel periodo 31 gennaio-15 aprile 2020.

L’utente sanzionato potrà richiedere all’organo accertatore (qualora l’indicazione non fosse già presente nel verbale notificato) informazioni circa la scadenza del certificato di taratura, se non financo richiederne una copia esercitando il diritto di accesso. Nel caso riscontrasse la scadenza del certificato in data precedente il giorno della compiuta violazione, la relativa contestazione potrà essere impugnata tentando di verificare la forza della prospettata tesi innanzi al giudice di pace poiché, questo è certo, non può essere impiegato uno strumento non sostenuto da regolare e attuale taratura.


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